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Teatro: ‘Lo potere’, alla Cometa va in scena il “grande inganno”

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Lo Potere

(AGI) – Roma, 5 dic. – Il potere come esercizio di dominio e come malattia; la democrazia intesa come grande inganno perche’ legata a una promessa di cambiamento (sempre delusa); la sicurezza e sicumera dei sovrani del medioevo e del successivo rinascimento la cui vista si svolge parallela, in un continuum temporale, con i nuovi dominatori del mondo, ricchi e rozzi.
Meno nobili ma non meno prepotenti e volgari. Al teatro della Cometa di Roma va in scena fino al 9 dicembre ‘Lo potere’, piece scritta da Daniele Prato e Francesca Staasch, interpretata da Veruska Rossi, Francesco Venditti, Fabrizio Sabatucci e Riccardo Scarafoni, nella doppia veste di attore e regista. Due quadri si alternano in scena, uno ambientato nel 1500 e uno ai giorni nostri. Da una parte ci sono la regina Germana Brunilde che regna sul Sacro Regno Marrone insieme alla dolce e ingenua figlia Malvolia Riccarda, dall’altro un ricchissimo imprenditore proprietario di catene di ristoranti, pazzo, annoiato e geniale col suo fedele servitore, il Maggiordomo.

La piece scorre per due ore alternando immagini dai due mondi, dove i quattro attori danno grande prova di maturita’ artistica e di estro. Bilanciati ed equilibrati i talenti in campo, dove le attitudini dei protagonisti vengono esaltate da un testo brillante e dalla regia di Riccardo Sacarafoni fatta da un attore che ama gli attori. E che si ritaglia un ruolo istrionico in cui da’ sfoggio, spesso recitando sopra le righe, di grande versatilita’ cambiando con risultati sorprendenti molte maschere. Nell’area antica, dove si parla un po’ come in ‘Brancaleone alle crociate’, la regina cattiva che tanto assomiglia alla strega di Biancaneve vede Fabrizio Sabatucci fare da contraltare all’estro del collega. I due rappresentano il potere: ieri Sabatucci, oggi Scarafoni, l’uno dice che “il potere e’ essere”, l’altro dice “il potere e’ avere”. Accanto a loro, in ruoli di vittime (che si trasformeranno in carnefici?) la bella figlia sciocca interpretata da Veruska Rossi e il fedele e debole maggiordomo interpretato da Francesco Venditti. Due ruoli che fanno da contraltare, stilistico e concettuale, agli arroganti potenti.

La regina insegna alla figlia, con scarsi risultati, l’importanza del potere che “non deve mai ringraziare e giammai chiedere scusa”; l’imprenditore decide di fare il cantante, di chiamarsi Omodoro “perche’ tutti conoscono il pomodoro ma non e’ miserabile come l’ortaggio e poi c’e’ l’oro, il simbolo del potere” e di conquistare il mondo. La regina e Omodoro sono il potere, l’una perche’ e’ regina e nulla puo’ cambiare il suo stato (e qui l’intuizione che la democrazia e’ solo illusione di cambiamento sbeffeggiata dalla regina: “Il nuovo che avanza? No, il nulla che ristagna”) e l’altro perche’ il denaro gli permette di fare e avere tutto. ‘Lo potere’ e’ uno spettacolo raro in tempi in cui divertimento fa raramente rima con intelligenza. E il pubblico apprezza.