Cometa Off. A teatro in “la fine della fiera” e poi al cinema nel film di Federico Bruno su Pasolini.
Orgoglio e Pregiudizio
Francesco Venditti: «io figlio d’arte con onore e umiltà»
Papà Antonello Venditti, mamma Simona Izzo: due genitori famosi per un figlio, Francesco Venditti, che si sta costruendo il suo percorso artistico. Adesso, in teatro fino al 27 marzo alla Cometa Off, è tra i protagonisti di “La fine della fiera”, spettacolo di Daniele Prato e Francesca Staash, con Veruska Rossi, Fabrizio Sabatucci e Riccardo Scarafoni, anche regista della rappresentazione.
Si tratta di quattro monologhi che si intersecano fra loro, quattro storie che costruiscono, racconto dopo racconto, le diverse esperienze che conducono a una sola, comune destinazione. Uno scrittore che ha smesso di scrivere; una giovane archivista che lavora per una televisione privata; un uomo capace solo di amare; un uomo capace solo di odiare. «Io interpreto quest’ultimo – spiega Francesco – un personaggio che è il cinismo fatta persona. E la sua è una confessione sincera, senza sconti, davanti una sorta di specchio dell’anima. Descrivendo la sua vicenda drammatica, il suo comportamento che lo ha spinto a rovinare se stesso e gli altri, egli tenta di guardarsi dentro, di interrogarsi, di capire perchè ha sbagliato. Forse – aggiunge – cerca una possibile o impossibile redensione.
E dopo il teatro, torna al cinema nel film “Pasolini, la verità nascosta”, prodotto dalla Horizon Film con la regia di Federico Bruno, inizio riprese ad aprile. «Si ripercorrono gli ultimi dieci mesi della vita di Pier Paolo Pasolini – anticipa Francesco – ricostruendone la vita quotidiana, l’impegno artistico, l’attivismo politico sociale, fino ad arrivare alla tragica fine». Ma Francesco non era neanche nato nel ’75, quando lo scrittore venne trovato morto sulla spiaggia di Ostia: «Ho imparato a conoscerlo attraverso gli “Scritti Corsari”, che amavo sin da ragazzo, e guardando i suoi film: il mio preferito “I racconti di Canterbury” anche se forse non il suo più riuscito.
La storia, girata in parte in bianco e nero, è raccontata attraverso gli occhi di una studentessa straniera, che si trova a Roma per preparare una tesi sul poeta. «Io impersono Ninetto Davoli, e sono piuttosto preoccupato». Perché? Risponde: «E’ la prima volta che devo immedesimarmi in una persona vivente. Vorrei parlargli, interrogarlo sul suo rapporto di amicizia e di lavoro con Pasolini, ma non ne ho ancora avuto il coraggio. Ho infatti paura che appena lo chiamo e gli dico che io sarò lui sul grande schermo, mi scarichi addosso un giudizio immediato. Insomma – aggiunge – non so come la prende. Ma prima o poi dovrò affrontare il problema».
Nel frattempo, però, l’attore sta studiando “a distanza” il personaggio: «Mi sto preparando attraverso i film e le interviste che Davoli ha rilasciato. Per adesso, sto lavorando soprattutto sui suoi movimenti, i comportamenti, i tic…Sto mettendo a confronto la sua immagine con la mia».
Ma il giovane Venditti, 34 anni di cui giò 17 trascorsi a recitare, si confronta quotidianamente con i suoi genitori ingombranti. «Essere figli d’arte ha i suoi pro e suoi contro – ammette – Certamente sei facilitato, perché nasci e cresci in un ambiente stimolante, che ti induce e ti accompagna in una certa direzione. Io ho iniziato, da ragazzino, facendo addirittura doppiaggio. Poi ho continuato frequentando scuole di teatro. Ma non sempre è facile abbattare i pregiudizi ed evitare i paragoni. Bisogna metterci tanta energia, passione e soprattutto umiltà: la strada da percorrere è lunga. E naturalmente, non nasconde anche l’orgoglio e l’onore di portare un cognome importante.
La musica da una parte, la sceneggiatura e la regia dall’altra: da cosa si sente più attratto? «Mi piacerebbe tantissimo fare un musical, ma cantare sul palcoscenico da solo assolutamente no, non ce la farei. Con mamma ho già recitato sul grande schermo e, cimentarmi in futuro sul suo stesso terreno, quello della regia, non mi dispiacerebbe».
(Emilia Costantini)