autore:Anna Germinario
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Marco sta per perdere Emanuele, suo compagno di vita. Ilaria, sua sorella ha un passato complicato e misterioso da cui sembra essersi affrancata sposando Dario, uomo solido, equilibrato che ama affermare che la vita è semplice, se tale si vuole renderla.
Con l’espediente di far uscire tutti i protagonisti di scena per plausibili motivi e lasciandone solo uno alla volta, l’autore fa uscire momentaneamente dal coma Emanuele che, a seconda del rapporto istaurato con ognuno di essi analizza, spiega, giustifica ciò che è stato. Si viene a creare un mondo affettivo parallelo a quello che ognuno dei protagonisti crede di conoscere l’uno dell’altro, fatto di segreti, sentimenti non pienamente espressi, rimpianti e rimorsi. Quando si è sull’orlo dell’abisso che ragione c’è di non mettere a nudo il proprio animo?
Ci sono molte pause e molti silenzi in questa commedia che però dicono tanto, grazie anche ad una naturalissima gestualità degli attori e che rendono le recitazione, nelle parole dell’autore, “straordinariamente cinematografica”.
Molto realistico, in un contesto così caratterizzato da dolorosa attesa il vuoto battibeccare dei protagonisti su argomentazioni futili, primo tra tutti l’uso errato del congiuntivo e dell’indicativo che Marco e Dario si rinfacciano a vicenda. A cosa non ci si aggrappa, come Psicologia insegna, pur di distogliere la mente da un drammatico Inevitabile?
Sarebbe ingiusto rivelare qua il finale di un pezzo originale che, data la scarsità di particolari elementi scenografici, si regge unicamente sulla bravura degli attori, i quali, come afferma con orgoglio Lorenzo Gioielli, hanno saputo rendere lo spettacolo teatrale più bello del testo.