Autore: Masolino D’Amico
Quatto persone in una stanza buon intreccio di storie e segreti
Un Giovane uomo giace in un letto di ospedale. E’ in coma da una settimana, e intorno a lui si riuniscono per vegliarlo, senza più troppe speranze, il suo convivente (cui non piace essere chiamato fidanzato, né compagno), la sorella di questi, e il marito di costei. Anche per scaricare la tensione, i tre battibeccano, senza accanirsi, su cose futili come l’uso del congiuntivo, ma anche meno futili, come l natura stessa dell’omosessualità. Il marito della donna, impiegato i banca, è rassegnato a fare la vittima del cognato antiquario, più spregiudicato e causidico. Col passare delle ore, ciascuno dei tre ha qualche motivo per uscire dalla stanza, rendendo possibili confidenze tra i due rimasti, e anche in tre momenti fondamentali, quando a uscire sono in due, tra il terzo e il giovane in coma. Allora il degente sembra uscire dalla passività e parla, ma il dialogo avviene in realtà solo nella testa dell’astante, ossia di volta in volta la donna, suo marito e suo fratello, ciascuno dei quali approfitta del momento di intimità per venire a capo del particolare rapporto che ha o ha avuto sia con l’infermo, sia con i propri cari.
Chi ha detto che non si scrivono più buone commedie? Si scrivono, anche se la nostra ingessata distribuzione ne diffida; e quando riescono a andare in scena, il pubblico le gradisce. Questa Vita, morte e miracoli di Lorenzo Gioielli (il quale viene dal teatro e continua a praticarlo, ma ha soprattutto fama di eccellente sceneggiatore cinematografico e televisivo) non sfigurerebbe né a Londra né a Parigi, intelligentemente costruita com’è, coi suoi dialoghi svelti e spesso brillanti, e coi suoi quattro personaggi tutti provvisti di spessore – il gay apparentemente cinico ma straziato, sua sorella apparentemente tranquilla, madre borghese ma con un passato inquieto che si riaffaccia, il marito di costei apparentemente mediocre ma in realtà capace di affetti profondi e meditati; e lo stesso morituro come un catalizzatore che la situazione fa crescere fino alla saggezza. Inoltre l’ottimo copione trova un’esecuzione più che degna in 70′ filati, grazie all’interpretazione di Veruska Rossi, Fabrizio Sabatucci, Francesco Venditti e Riccardo Scarafoni, quest’ultimo anche regista, un’efficace scena di Emanuela Cignitti con luce fissa.
Auguriamogli la possibilità di farsi ascoltare in giro.
Chi ha detto che non si scrivono più buone commedie? Si scrivono, anche se la nostra ingessata distribuzione ne diffida; e quando riescono a andare in scena, il pubblico le gradisce. Questa Vita, morte e miracoli di Lorenzo Gioielli (il quale viene dal teatro e continua a praticarlo, ma ha soprattutto fama di eccellente sceneggiatore cinematografico e televisivo) non sfigurerebbe né a Londra né a Parigi, intelligentemente costruita com’è, coi suoi dialoghi svelti e spesso brillanti, e coi suoi quattro personaggi tutti provvisti di spessore – il gay apparentemente cinico ma straziato, sua sorella apparentemente tranquilla, madre borghese ma con un passato inquieto che si riaffaccia, il marito di costei apparentemente mediocre ma in realtà capace di affetti profondi e meditati; e lo stesso morituro come un catalizzatore che la situazione fa crescere fino alla saggezza. Inoltre l’ottimo copione trova un’esecuzione più che degna in 70′ filati, grazie all’interpretazione di Veruska Rossi, Fabrizio Sabatucci, Francesco Venditti e Riccardo Scarafoni, quest’ultimo anche regista, un’efficace scena di Emanuela Cignitti con luce fissa.
Auguriamogli la possibilità di farsi ascoltare in giro.